L’esperienza estetica è vista da alcuni studiosi come il prodotto di diversi processi cognitivi tra cui la percezione, l’attenzione, la memoria, l’immaginazione e l’emozione. Questo è sicuramente vero, ma è quasi riduttivo se pensiamo che queste funzioni cognitive intervengono anche quando osserviamo dei semplici oggetti nella vita quotidiana.
Cos’è dunque che rende l’esperienza estetica così particolare? Perché trovarsi di fronte ad un’opera d’arte non è lo stesso che osservare o ascoltare un qualsiasi altro stimolo della vita di tutti i giorni?
Il ruolo fondamentale della memoria nella percezione
Adolf Von Hildebrand, uno scultore tedesco, sostenne che la realtà delle immagini artistiche risiede nella loro efficacia, ovvero nell’impatto che queste hanno su chi le guarda. Il valore estetico delle opere artistiche risiede dunque nel loro potere di stabilire legami tra gli atti intenzionali creativi dell’artista e la loro ricostruzione nella mente di chi le guarda. Per fare questo quindi è assolutamente necessario il coinvolgimento della memoria dell’osservatore.
Un aspetto molto interessante della nostra percezione visiva è che ciò che vediamo è solo in parte determinato dalle informazioni luminose che colpiscono la retina.
Esistono infatti due processi che intervengono nella nostra percezione: il primo di tipo bottom-up, ovvero dal basso verso l’alto, che viene regolato dalle caratteristiche fisiche dell’oggetto, come il suo colore, la sua forma, la posizione nello spazio… il secondo di tipo top-down, ovvero dall’alto verso il basso, in cui i principali centri cognitivi intervengono influenzando la nostra percezione. Nello specifico, una delle principali componenti che agiscono sui processi di tipo top-down è per esempio la memoria che confronta l’informazione visiva in arrivo con le esperienze vissute precedentemente. La nostra capacità di trovare un significato a un’esperienza visiva dipende interamente da questo tipo di confronto con quello che già sappiamo.
L’informazione elaborata dal basso si basa quindi sulle caratteristiche specifiche dell’opera d’arte che sono fondamentalmente le stesse per tutti gli osservatori. Al contrario, l’elaborazione di tipo top-down si basa su meccanismi che assegnano un significato a quello che guardiamo sulla base delle nostre esperienze di vita. Di conseguenza, l’elaborazione top-down è unica per ciascun osservatore.
La memoria svolge dunque un compito fondamentale per la risposta percettiva ed emotiva dell’osservatore all’arte. Essa infatti ci permette di comprendere l’opera che abbiamo davanti grazie al confronto che facciamo con le nostre esperienze passate.
(Elliott Erwitt – California, 1956)
Le emozioni suscitate dall’arte
Nella percezione di un qualsiasi oggetto che incontriamo nella vita di tutti i giorni hanno molta più importanza i processi di riconoscimento e di memorizzazione rispetto a quelli affettivi ed emozionali. Al contrario, nella percezione di un’opera d’arte la componente emozionale diventa predominante. Quando osserviamo un quadro o una scultura è sicuramente importante riconoscere l’oggetto rappresentato ma ciò che la distingue dall’esperienza quotidiana è la risonanza emozionale prodotta dall’opera d’arte. Quante volte ci siamo fermati a guardare una scultura che non capivamo bene cosa rappresentasse ma che comunque riusciva a trasmetterci qualcosa?
Scherer, psicologo e direttore dello Swiss Center for Affective Science a Ginevra, ha sviluppato una teoria chiamata “Component Process Theory” in cui cerca di spiegare come le emozioni possano generarsi quando osserviamo un’opera d’arte. Nella sua teoria l’emozione suscitata in risposta ad uno stimolo esterno viene descritta come “l’organizzazione momentanea di tutti i maggiori sistemi di funzionamento dell’organismo”: sistema nervoso centrale, sistema nervoso autonomo, sistema nervoso somatico e sistema neuro-endocrino.
Secondo Scherer questo processo si sviluppa in cinque fasi. Le vediamo qui nel dettaglio.
Fase 1: La componente cognitiva (o appraisal) ha la funzione di analizzare gli eventi esterni e valutarne l’importanza per l’individuo sulla base delle emozioni che innescano.
Quando ci troviamo di fronte ad uno stimolo, come prima cosa, il nostro cervello attiva una rapida analisi per valutarne la pericolosità.
Per quanto riguarda l’esperienza estetica, il primo livello di analisi è costituito dalla valutazione in termini di positività o negatività. Dobbiamo pensare a questo stadio come la prima impressione che abbiamo di un’opera, prima ancora di analizzarne tutti i dettagli e poterla apprezzare per il significato che ha voluto passare l’artista. Se a primo impatto un’immagine ci appare brutta l’associazione spiacevole viene immagazzinata nella memoria a lungo termine ed è attivata automaticamente ogni volta che l’oggetto viene incontrato successivamente. Tutte le esperienze passate creano degli schemi mentali che possono influenzare questa prima fase di valutazione. Grazie a questi meccanismi possiamo notare, per esempio, quanto l’oggetto che percepiamo ci è familiare o meno e solitamente più un oggetto è considerato familiare e più a primo impatto ci piace.
Fase 2: L’attivazione fisiologica (arousal) ha la funzione di attivare il nostro organismo in risposta a determinati stimoli. L’attivazione può avvenire attraverso delle modificazioni di alcuni correlati fisiologici come la frequenza cardiaca, il ritmo respiratorio, la pressione sanguigna, la risposta psicogalvanica…
Ebbene sì, anche l’arte può produrre un’attivazione fisiologica che va però distinta da quella che può produrre un qualsiasi stimolo con cui interagiamo nella vita di tutti i giorni. Le emozioni che proviamo quotidianamente alterano i correlati fisiologici facendoci aumentare il battito cardiaco e la sudorazione per esempio, per lanciarci un segnale e per prepararci ad agire nei confronti dello stimolo attraverso dei meccanismi di attacco o fuga. Gli stati di arousal prodotti dall’arte, invece, non devono essere considerati proattivi, non hanno cioè lo scopo di indurre ad un’azione, ma semplicemente reattivi: suscitano in noi una reazione fisiologica che non richiede un’azione concreta nei confronti dell’opera. Infatti, se pensiamo alle tipiche reazioni che possiamo avere di fronte a dei media artistici tradizionali, come un dipinto o una scultura, ci possono venire in mente la pelle d’oca, le lacrime date dalla commozione, i brividi lungo la schiena, nulla a che vedere con l’aumento del battito cardiaco e della respirazione che sono segnali che vengono percepiti come una necessità di agire velocemente. I correlati neurofisiologici dei questo “arousal estetico” porterebbero dunque ad un comportamento più vicino a quello della contemplazione ovvero un comportamento che non ha necessità di svolgersi in tempi rapidi e che genera in noi una reazione di tipo statico che favorisce il pensiero e la riflessione. Va precisato tuttavia che in alcuni casi, in particolare per le opere d’arte immersiva, si possono generare nell’osservatore delle reazioni fisiologiche molto forti, portandolo anche a reagire in maniera attiva.
Fase 3: La componente espressiva ha la funzione di suscitare un’emozione nell’individuo attraverso i gesti, le espressioni facciali, la postura… il termine espressività fa riferimento a tutti quei significati affettivi e cognitivi che vengono attribuiti agli oggetti osservando esclusivamente le loro caratteristiche fisiche come forma, colore, materiali… Per comprendere meglio questo concetto guardate la seguente immagine e provate a dire quale delle due figure secondo voi si chiama Bouba e quale Kiki.
La maggior parte delle persone associa la figura sulla sinistra con il termine “Bouba” e la figura sulla destra con il termine “Kiki” perché i suoni delle parole rispecchiano una forma tondeggiante nel primo caso e una più spigolosa nel secondo. Le caratteristiche fisiche degli oggetti quindi possono influenzare la nostra percezione di essi. Un’opera d’arte per esempio può suscitare malinconia e inquietudine solo per i colori utilizzati.
Fase 4: La componente motivazionale ha la funzione di preparare il soggetto all’azione. Come abbiamo detto precedentemente non esiste una vera e propria azione concreta che l’opera innesca. Tuttavia, anche l’arte tradizionale può suscitare in noi un grande interesse che si può tradurre in una risposta più immediata, come la spinta ad acquistare il catalogo della mostra, oppure una più a lungo termine, come la voglia di ritornare a visitare altre mostre dello stesso autore.
Fase 5: La componente soggettiva è infine il risultato di tutti i cambiamenti avvenuti nelle fasi precedenti. Ogni singola reazione che scatta in noi quando interagiamo con un’opera d’arte diventa una componente fondamentale che determina la nostra esperienza emozionale. Per questo motivo possiamo quindi dire che l’esperienza estetica sia estremamente soggettiva.
(Elliott Erwitt – Museo del Prado, 1955)
L’empatia, la chiave dell’esperienza estetica
Ma dunque, che cos’è che fa la differenza quando siamo di fronte ad un’opera d’arte? Sono le caratteristiche fisiche dell’opera stessa, la tecnica utilizzata dall’artista o la capacità di quell’oggetto di suscitare qualcosa in noi che lo guardiamo?
Albert Vischer, un filosofo tedesco, nella sua opera “Sense of Form. A Contribution to Aesthetics” parla di un altro aspetto fondamentale dell’esperienza estetica: l’empatia, ovvero il “sentirsi dentro”.
Quando ci mettiamo di fronte ad un’opera, cogliamo delle caratteristiche che suscitano in noi una reazione. Questa reazione empatica che si genera il più delle volte è solo interna ma può anche affiorare in superficie, facendoci commuovere di fronte ad un quadro o ascoltando una sinfonia che ci tocca particolarmente.
La nozione di empatia non deve essere dunque vista solo come la mera condivisione di emozioni e sentimenti tra due individui, ma può essere intesa anche come la risonanza emozionale che si crea tra l’osservatore e l’opera d’arte.
Come abbiamo visto in questo articolo, quando ci troviamo di fronte ad un’opera d’arte entrano in atto dei meccanismi molto personali sulla base delle esperienze vissute precedentemente. Proprio per questo motivo l’esperienza estetica è estremamente soggettiva e ogni opera d’arte può acquisire significati e forme diverse a seconda della persona che la sta osservando. L’arte può dunque essere vista come un mezzo per far riaffiorare vissuti ed esperienze passate che sono sempre stati dentro di noi e di cui magari non siamo neanche consapevoli. Se vediamo l’esperienza estetica in questi termini ci rendiamo conto di quanto intima può essere l’interazione che abbiamo con una qualsiasi opera e di quanto essa possa rispecchiare un po’ noi stessi.
Martina Zanotto
Psicologa, esperta in Neuroscienze
Bibliografia
Eric R. Kandel, L’età dell’inconscio, Arte mente e cervello dalla grande vienna ai nostri giorni, Raffaello Cortina Editore, 2016
Scherer, K.R. (1984), Emotion as a multicomponent process: A model and some cross-cultural data, “Review of Personality and Social Psychology”, numero monografico a c. di P. Shaver, 5: 37-63
Silvia, P.J. (2005), Emotional response to art: From collation and arousal to cognition and emotion, “Review of General Psychology”, 9: 342-357
Frijda, N.H. (1986), The Emotions, New York, Cambridge University Press; tr. it. di A. Berti e V.L., Zammuner, Emozioni, Bologna, il Mulino, 1990